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La restanza

Di Vito Teti

Gli ho messo le ali! Si, quei post-it gialli sono ali dove la mia riflessione si è fermata!

Libro non di facile lettura, i passaggi con considerazioni attente e profonde del pensiero dell’autore sono tanti e richiedono approfondimenti.

Vito Teti è un antropologo, nel libro oltre alla sua competenza in materia scrive del suo vissuto, della  memoria dei suoi luoghi del cuore, autobiografico a tratti poetico, “le molliche che portano a casa” .

Il tema principale è lo spopolamento delle piccole comunità con il conseguente impoverimento culturale, la scomparsa di alcune tradizioni nonostante il gran parlare mediatico di un ritorno alle origini. L’autore prova a valutare soluzioni nuove per “riabitare” i borghi asserendo che “non può esistere un paese, anche il più piccolo, senza centri culturali, luoghi di socialità, e, soprattutto, senza scuole”. Ogni luogo ha la sua anima e per avviare un ripopolamento è necessario progettare e pensare luogo per luogo, paese per paese.

restanza. Il termine indica la scelta di restare vissuta non più come immobilismo e rinuncia, ma come un modo di opporsi allo svuotamento dei paesi, alle difficoltà delle aree interne, al vuoto delle montagne…con la capacità di guardare e riconsiderare il passato secondo inedite prospettive di riscrittura del presente…”. Ecco, proprio come pensavo! Non solo politiche locali, chiusure antimoderne e visioni immobili, ma pensieri e intenzioni ad ampio respiro.

Nel libro le citazioni sono tante, tra film, saggi e letteratura. Apprezzo la capacità di un libro di non finire mai all’ultima pagina!

La lettura è da affrontare a cuore aperto, consapevoli che l’utopia delle parole è alla base di ogni progetto, ispiratrice di nuove aspirazioni. “Camminare” anche rimanendo nel proprio paese significa “conoscere, capire, cambiare, migliorare le proprie condizioni … Perché per restare, davvero, bisogna camminare, viaggiare negli spazi invisibili del margine.”

Lettura consigliata a referenti e interlocutori politici e amministrativi che sappiano cogliere la cultura della restanza.

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